venerdì 24 febbraio 2017

Stefano Parisio Perrotti: La nuova mostra giovedì 2 marzo.

 
Presso la Galleria d'arte L4uattro Pareti.
a cura di Alessandra Fusco
 
 

Marco Abbamondi è un puro.
Ha radici ben piantate nelle sue origini e spalle pronte a scrivere una nuova storia.  Il suo viaggio “tangibile”, fatto di contaminazioni, umori e sensazioni, parte dall’utilizzo della materia.

Uno scambio continuo, viscerale, con tutto ciò che è diverso, senza mai dimenticare la tradizione. Quella superstizione che ci appartiene e che ci riporta con i piedi per terra quando abbiamo paura.

Che siano pezzi di strade sconfinate, reperti archeologici contemporanei o doppie verità in campana, il filo conduttore rimane l’umanità. E con essa tutta la dolcezza della fragilità, che ci coglie impreparati, che ci spinge a guardarci dentro e oltre.

La scelta della materia come compagna di viaggio, poi, parte dalla necessità di poter sempre toccare con mano la realtà. Sporcarsi con il pigmento puro e sentirsi vivi, infiniti per un attimo, e sublimi.   Tutto cambia. Sappiamo da dove siamo arrivati ma non sapremo mai dove arriveremo. Le certezze non contano, conta quanta voglia si ha di rischiare; conta tenersi strette le contraddizioni che la vita ci ha regalato e sentirsi pronti a rialzarsi.

Sempre.

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 Stefano Parisio Perrotti gioca con la razionalità.

Ci troviamo di fronte ad un iperuranio di pietra, dove ogni vita è rotonda e ha pochi abitanti. Apparentemente tutto sembra equilibrato: i suoi omini sembrano conoscere perfettamente la storia narrata.

Sembrano quasi sbeffeggiarci, contenti della loro esistenza di cartapesta, intenti a compiere azioni molto simili alle nostre. Se poi ci soffermiamo sui titoli, ci renderemo conto che a farla da padrona è un’ironia scanzonata, deus ex machina dell’esistenza.


Sembra quasi divertirsi, Parisio Perrotti, a scrivere ogni volta una nuova storia, con un animo perfettamente imperfetto, dove l’imperfezione è ben nascosta e diventa la nostra caccia al tesoro.
Più guardiamo i suoi omini, più ci rendiamo conto che la storia narrata è la nostra, che quella solitudine ci appartiene. Lo stupore, la consapevolezza di un’esistenza fragile e discontinua, diventa così il motore della sua ricerca artistica, che, attraverso realtà eteree e pietrificate, ci racconta anche la sua esistenza. Razionalmente ironica, profondamente umana.





 

 
 

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